lunedì 16 settembre 2013

5- E Misha disse



“ E l’uomo diede un nome a tutti gli animali, sin dal principio / E l’uomo diede un nome a tutti gli animali, sin dal principio, tanto tempo fa”

E Misha, ritornando da scuola  passando di fronte a un bar chiese alla Nonna : “Perché  quel signore,  lì è  ?” indicando un signore che stava seduto al tavolino per un caffè.  E la nonna rispose “perché sta prendendo un caffè”. L’indomani  Misha vide lo stesso signore e pose la stessa domanda ottenendo la stessa risposta. La cosa si ripetè il giorno dopo  una terza volta,  finchè il quarto giorno Misha chiese direttamente  al Signore : “signore signore perché tanti caffè bevi?”.
E Misha disse al Papà “papà, papà calmati,  così veloce non mangiare” .
Sono lontani i giorni in cui dicevi  “Papà,papà troppo rabutaje (lavoro)” , i giorni del nostro slang familiare fatto di tanti  gesti e di  frappè linguistici sono finiti.   Ora parli in modo latineggiante  con intonazione piemontese e con una “r” sabauda  che richiama certe dinastie automobilistiche .
Ricordo che fu “Nemo”  il primo film interamente in Italiano che ti appassionò  fino a vederlo 3 volte al giorno e Scooby  Doo il primo  programma televisivo in Italiano.  Scooby Doo magica intuizione di una similitudine fra la tua vita e le sue storie. Scappare dai mostri per svelarne l’inconsistenza. Nessun scontro frontale, troppo pericoloso, troppo doloroso.  Prenderli  in diagonale,  giocandoli con la fantasia fino a quando stanchi dell’inseguimento  non si smaschereranno da soli.

E mamma e papà portarono Misha a veder e i fuochi artificiali di Recco. E la notte si illuminò di policromi fiori di fuoco, piogge d’argento e oro illuminarono la baia, migliaia gli sguardi che furono rapiti da scie di luce e faville. E papà chiese a Misha “ti sono piaciuti i fuochi?” e Misha rispose felice  “ a_a papà ho un visto un pipistrello!” 




domenica 15 settembre 2013

E la chitarra elettrica nacque a Galliate

Sentii questa storia per la prima volta alla Bocconi raccontata dal presidente di Assolombarda Meomartini.
Inutile dire che la cosa mi colpì e inizai le ricerche. Ebbene sì alla faccia di Knopfler,Clapton e compagnia briscola la chitarra elettrica nacque a galliate.

Ecco i fatti così come ce li descrive il sito fetishguitar

"Valentino Airoldi, di Galliate (Novara) passava le serate a suonare la chitarra con gli amici ma aveva gli stessi problemi dei colleghi di oltre oceano: riuscire a farsi sentire da più persone .
Airoldi, che lavorava come tecnico presso la centrale SIP di Novara, iniziò ad armeggiare con vecchi ricevitori telefonici fino a costruire un dispositivo costituito da una calamita e da due bobine.
Nel 1937 piazzò quel rudimentale rivelatore su un manico di chitarra senza cassa, allacciò i capi delle bobine alla presa “phono” della radio e dal cono uscì, come un primo vagito, il suono della neonata chitarra elettrica. Il dispositivo fu poi applicato anche a un mandolino, con i medesimi risultati.
Come si può osservare nella foto qui riportata, l’Airoldi mostra una chitarra e un mandolino “solid body” con la data del giornale –La Gazzetta della sera- del 29, 30 settembre 1937: per questo si può dire che abbia anticipato i pur illustri colleghi d’oltreoceano. Questa invenzione non fu commercializzata nè sfruttata industrialmente e l’Airoldi si accontentò di continuare a suonare in osteria con gli amici e di appendere poi i suoi strumenti al chiodo"

E qui nasce l'annoso tema del  passaggio dall'idea al business, dell'importanza del brevetto e, come novarese, di un territorio che sappia premiare  le buone idee prima che lo facciano gli altri.
Sarebbe  carino che noi novaresi almeno ne celebrassimo il ricordo recupurando altre testimonianze su questo geniale concittadino, meglio tardi che mai....

 

sabato 14 settembre 2013

4 - E Misha disse...


Lungo le torri di guardia/ prìncipi osservavano/mentre tutte le donne andavano e venivano
anche i servitori scalzi/ Fuori, in lontananza, un puma ringhiò, due cavalieri si stavano avvicinando,
il vento cominciò ad ululare.

E Misha disse: “complesso”. Complesso è una delle prime parole in Italiano che imparasti a dire.
Adesso non parli più l’alta lingua dell’impero da cui provieni.
E’ “complesso” gestire ricordi così importanti, un viaggio dall’altra parte del mondo un’infanzia di sfide dure che io in 45 anni mai e poi mai ho vissuto in prima persona.
L’hai riposta nei cassetti della tua memoria, in modo da lasciare il tavolo della tua mente completamente libero di dedicarsi alla tua nuova casa.
 Poche parole rimangono ancora dell’alta lingua: iashira,(lucertola)  tachka, (macchina sportiva) utchi (anatra) bolscioi magazine, ( Ipercoop).
Mi ricordo in autunno quando iniziavi a parlare solo in italiano, e la sera mi chiedevi  “papà hai portato la surprisa”,  “papà papà sei tristo, perché sei tristo?”
Ora le vocali le azzecchi tutte, semmai come tuo padre e tuo nonno  ti perdi ancora qualche doppia.
Anche se non ho mai capito perché costruisci la frase come se fossi Cicerone o uno di Cagliari (o è la  Terza Roma  che preme nei tuoi ricordi sintattici) per cui dici :  “a casa andare dobbiamo?” Si magister Yoda a casa andare dobbiamo



venerdì 6 settembre 2013

3 - E Misha disse....

“Che Dio  ti benedica e custodisca sempre/ possano i tuoi desideri tutti avverarsi
possa tu sempre aiutare gli altri e lasciare gli altri aiutare te.
Possa tu costruire una scala fino alle stelle/ e salirvi gradino per gradino,
possa tu rimanere per sempre giovane"

E  Misha disse alla mamma: “a ma allora io vi ho fatto tornare giovani”
E si Misha è proprio vero, anche se di fatto e non di nome, anche se più per contenuti che per età.
Ma in realtà  non è tanto per quello che facciamo, tipo giocare a palla per ore, o stare pomeriggi nella piscina dei piccoli a Cilavegna. Non è neanche per la  inedita competenza che ci stiamo facendo sui parchi e su chi li frequenta.  Neppure per la rinnovata scienza  nel palinsesto della tv dei ragazzi. 
Nemanco il fatto di dover ripartire da capo  nello spiegare i concetti basilari ( tipo perché il sole tramonta, perché la barca  galleggia, perché gli uccelli volano etc.). 
La vera gioventù è stata conquistata nel fare tabula rasa delle vecchie abitudini (che a onor del vero apprezzavo tantissimo)  per fare posto al tuo futuro, ma soprattutto   quello che ci fa tornare giovani è   l’incanto nel vederti guardare il mondo : la meraviglia che dimostri di fronte alle cose, la  grave concentrazione da cardiochirurgo quando giochi ad “angry birds” e  persino “paperissima” diventa struggentemente poetica quando ti fa ridere di cuore,  manco l’avesse scritta il  Leopardi.
Qualcuno disse che gioventù significa non avere rimpianti, io penso significhi provare ancora meraviglia

giovedì 29 agosto 2013

E Misha chiese...

"Padre della notte, Padre del giorno, Padre che porti via le tenebre"... E Misha chiese al papà  prima di addormentarsi  "ah papà mi racconti una storia?" e papà gli raccontò la storia di Davide e del gigante Golia. E Misha chiese al Papà ancora un 'altra storia  e Papà gli raccontò una fiaba (che gli avevano sempre scartato per i discorsi di Natale) "in Paradiso si doveva celebrare il Natale, allora per il compleanno di Gesù si fece una bella orchestra, gli angeli portarono arpe e trombe,  i santi violini , viole, i Beati i contrabbassi, i cherubini triangoli e piatti, gli arcangeli tamburi, piano a coda e organo, mentre i serafini  facevano il coro.
Erano tutti pronti per iniziare, mancava solo il povero. Non voleva venire. Ognuno cercò di convincerlo a venire ma lui niente.Mancava poco a mezzanotte,  finchè andò Dio in persona andò dal povero per  chiedergli di venire a festeggiare Gesù. "No, non vengo" "e Dio chiese "ma perchè?" "perchè mi vergogno, sono povero non ho nessuno strumento. Posseggo solo questo bastoncino" "benissimo" disse Dio "allora con quella bacchetta farai il maestro d'orchestra". E fu così che si festeggiò il Natale con somma gioia di tutti. E Misha chiese un terzo racconto, e papà al momento a corto  di idee penso bene di narrare come Raffaele Rossetti distrusse una corazzata austriaca senza ammazzare nessuno, ma   Misha si addormentò prima che la Viribus Unitis affondasse

lunedì 26 agosto 2013

2- E Misha disse...

“ dove sei stato figlio mio dagli occhi azzurri, dove sei stato dolce mio figlio?” Misha qual è il mistero del  tuo passato? Ce lo dirai un giorno? Riusciremo mai a distinguere nei tuoi racconti  la mitopoietica dalla cronaca? O ci narrerai sempre di luoghi dove le macchine hanno 11 alettoni e  dove atterrano astronavi ?
E Misha disse alla mamma "ho conosciuto uomini cattivi, ma ora non ho paura perché ci sono le montagne che ci proteggono” .
 Il  70% dei miei parenti, contando anche i compianti defunti, non è di Novara , solo tu, fra i non novaresi di nascita,  ti sei accorto delle montagne, gli altri erano troppo intenti a rimpiangere o a desiderare il mare, soprattutto io e tua madre.
In fondo qui è così diverso dalla tua vecchia  geografia di pianura, infinita come l’oceano, solcata da quel  fiume enorme   rispetto a cui il Nilo e l’Orinoco  sembrano affluenti del Ticino.
Non sorprende dunque se la Val Formazza  ti sia apparsa celestiale come il Tibet.
E devo dire che  anche io  per la prima volta vidi quei monti con affetto come se fossero  nobili pareti della nostra casa e non severe  alternative al mare.
Comunque nonostante questo e  anche se,  come Smilla, hai il tuo senso per la neve, la tua passione sono  l’acqua, i pesci e il mare.
So che sulla simbologia dell’acqua si apriranno le cateratte  ermeneutiche  sul tema del femminino, ma oso versare ancora una goccia in questo oceano di interpretazioni:  secondo me il vero motivo per cui ti piace il mare  è  perché lui  come te si muove sempre e  non  si  stanca mai.

venerdì 23 agosto 2013

1- Kultur craffen




Correva l’anno 2002 quando don Silvio Barbaglia , stimato biblista, mi spiegò la differenza di significato fra la parola tedesca “Kultur” e l’anglosassone “Culture”. Eravamo all’osteria “Ramlin”  a Novara  durante un “dopo evento”  organizzato dalla Nuova Regaldi, ma quale evento fosse non me lo ricordo. Fu li che fra i pochi avventori notturni   appresi che  la parola Kultur  si riferisce  solo alla cultura “alta”, grave e pesante,  a quella dei musei, dei filosofi, dei grandi letterati  e scienziati, insomma una munito castello del pensiero,  in cui soggetti come il Commissario Derrick, gli Abba o Nena non avrebbero mai potuto entrare proprio a causa della loro insostenibile leggerezza dell’essere. Non così la “culture” inglese, democratica  città che ospitava non solo Shakespeare , Joyce e Telemann ma anche il Doctor Who, le Spice Girls e mister Bean, non  solo  la profondità dei pochi ma anche l’interesse dei molti. Fu la prima volta che misi a tema la parola cultura, parola di cui,  come Paperino con Paperina, ero stato  fino a quel momento, eterno fidanzato. Da lì in avanti in pochi anni  me ne venne quasi a nausea e Paperina mi si trasformò in Amelia, la strega che ammalia, complice la fine della gioventù o forse un’indigestione  intellettuale che mi ha procurato acidità di intelletto o più semplicemente la  povertà dei miei mezzi cognitivi. Ma che cosa vuol dire Non luogo? Un luogo senza rapporti esistenziali tipo….  Un ipermercato,  Ma che cosa vuol dire eterotopia? Un luogo che rompe la continuità funzionale di un territorio tipo… un ipermercato, ma che cosa vuol dire un Super Luogo? Uno spazio così importante che connota un il territorio circostante tipo…un ipermecato.  Ma scusate tre concetti diversi per definire l’Esselunga? Ma era proprio necessario? Forse era questo che iniziava a stancarmi questa dimensione debole della cultura che da un lato  scappa a gambe levate dalle domande importanti , dai contenuti  che contano (per seri e dotti  motivi di post modernismo, relativismo, pluralismo)  dall’altro non rinuncia a una supponente autorefenzialità,  peso senza pensiero:  un Kultur craffen appunto.

Se i cani corrono liberi, perchè i bambini no?



“ Se i cani corrono liberi, perché noi no?”  questo il ritornello di una vecchia canzone di Dylan, in genere al cane si associa il concetto di fedeltà, non di libertà e infatti l'immagine mi era sempre sembrata  un po’ bislacca, almeno fintanto che non ho letto il  regolamento del mio condominio.
“ se i cani possono correre liberi nel cortile di casa mia perché mio figlio no?” mi verrebbe da parafrasare.
Infatti questa magna carta dei condomini padri fondatori   vieta di fatto il gioco ai bambini in cortile, ma cani e gatti possono liberamente usufruire degli  spazi condominiali, androni compresi .
AI fanciulli invece  è vietato l’uso  a fine ludico dei giardini, androni, scale,  passi carrai e viottoli  e  se per caso il gioco dei bambini  ( che a questo punto è ammesso solo nello spazio aereo sovrastante il cortile)  infastidisse per qualsivoglia motivo e in qualunque momento  l’augusta persona di qualche adulto,  tale attività deve immediatamente cessare ( pena l’abbattimento immediato mi verrebbe da aggiungere)
Ora tutto ciò non è stato stilato per amore degli animali, ma per orrore dei  bambini.  Devo dire , la cosa  ha scarsi riflessi pratici, anche perché  ormai la normativa sul tema è abbastanza chiara, e fortunatamente alcuni comuni ( Torino e Milano ad esempio) hanno ribadito con specifica ordinanza che proibire ai bambini di giocare in cortile è illegale.

Rimane però  l’amaro in bocca per questa deriva erodiana di cui la storia del mio condominio ne è  illustre esempio, se Novara è una delle città italiane con l’età media  più alta  un motivo c’è.
Purtroppo sembra che  i  Novaresi  da  almeno da vent’anni si siano preoccupati più della loro vecchiaia che del loro futuro.

Meno male  che, nonostante tutto,  il vociare anarchico di quei pochi  bambini nei parchi e nei cortili ci ricorda che il domani esiste ancora.

giovedì 22 agosto 2013

1- E Misha disse....

“l’Eden sta bruciando preparatevi all'eliminazione o i vostri cuori dovranno avere il coraggio per  il cambio della guardia”. 
Questi i versi della canzone di Dylan che mi accompagnavano quella notte, la notte prima di incontrare mio figlio. 
L’eden della vita fatta di comunicati stampa, cuba libre, musei, narghilè,  post, snorkeling, cenette e viaggi  stava per cambiare profondamente. Partire alla volta della città degli astronauti,  nel cuore del più grande impero morente  per sapere chi sarebbe stato mio figlio. 
L’attesa di quell’evento era una sentimento che  ti faceva  tendere tutti i muscoli dell’anima, era la vigilia del nostro personalissimo  Natale.
E poi ti vidi dietro quel  vetro, lo sguardo curioso, carico di speranza  e paura,  un’espressione  furba  su un volto da cherubino. 
Ci guardammo così la prima volta, le manine e il viso che premevano su quel vetro che ti divideva, ancora per poco, dal tuo futuro.
 E venne il giorno in cui ti consegnarono a noi e noi  divenimmo una famiglia.
Un  corpo da passerotto,  sandaletti  da mercato rionale, un occhietto nero frutto di chissà quale improbabile acrobazia con chissà quale oggetto che  ti era venuto a mano , immagini che mai potrò dimenticare;  poi il tuo desiderio di felicità esplose come un tifone, spingendo le vele delle nostre vite  con una forza  per noi sconosciuta, tirando il sartiame della nostra esperienza  con quella energia  scatenata e  instancabile delle tua emotività. 
Le nostre giornate divennero improvvisamente  tutte importanti , di un’importanza , per lo meno per me , non consueta. La tua voglia di vita, di crescere si impose come una locomotiva sul treno dei nostri giorni . 
Tu e il tuo incanto per il mondo, quel mondo che prima avevi conosciuto in un’ altra lingua e  solo in poche scomode rate, ora non solo si squadernava di fronte ai tuoi occhi di cielo, ma dovevi   pure leggerlo  in fretta per recuperare tuti gli anni che la vita ti aveva ingiustamente tolto.
E un anno è passato quando arrivasti a noi con l’occhietto nero.
E Misha disse alla mamma:  “ a ma allora io sono il figlio del destino”.  
Misha io direi della  Provvidenza e nel giorno del nostro compleanno ( tuo. di mamma e mio) rubando i versi al bardo pavano  ti augurerei ,
 “Vola tu dove io vorrei volare,
dove c’è un mondo ancora tutto da fare
 e tutto,  o quasi tutto, da sbagliare”


I marziani? vengono da Brera


A fine ottocento  Giovanni Schiapparelli,  direttore dell’osservatorio astronomico di Brera  fu  artefice di numerosi  studi su Marte.  
A causa dei limiti della strumentazione ottocentesca  e  per un fenomeno ottico ,  il buon  Schiapparelli,  in perfetta buona fede e perizia scientifica, vide la superficie del pianeta rosso  solcata da linee che si incrociavano fra loro, linee che lui definì  “canali”.
Tutto nacque proprio dal termine “canale” parola che faceva appunto pensare a qualche provetto ingegnere marziano e quindi a una vita intelligente su Marte. La discussione si aprì intensa  e articolata in ben 3 tomi dal 1893 al 1909. Toccò poi allo statunitense Percival Lowell, riprendendo  Schiapparelli , a dare fiato alle trombe in contesto  internazionale. 
La cosa poi  si chiarì e  la scienza con la luce della ragione respinse l’invasione dei marziani dai libri di astronomia, ma questi oramai avevano occupato  l’immaginario popolare e nessuno da lì avrebbe più scacciati.
In epoca moderna  fu forse questa  la prima volta che Milano fece sognare il mondo globale, prima ancora della moda e delle modelle, dei  designer, del Milan e dell’Inter.
Ma non solo Marte, il  volo fu il sogno collettivo della prima metà del 900. Fu voglia di evasione? Problemi di traffico? Necessità di conciliare vita e lavoro con spostamenti rapidi? Non si sa , ma il fatto rimane che la prima donna italiana, e l’ottava nel mondo, a volare fu proprio milanese.
E proprio quella dell’immaginazione, del sogno, della fantasia , rimane  probabilmente  la cifra milanese un po’ sottotono oggi, occultata dalla finanza, dallo spread,  dai mercati globali, dalla Milano del fare, dalla Milano da bere. Chi mai definirebbe oggi  Milano la città del sogno? Eppure, almeno per l’Italia, Milano, anche dopo Schiapparelli, divenne  il porto intermodale dell’immaginario.  
Persino il mitico Thor , lo stupefacente Uomo Ragno, i fantastici 4  e i loro colleghi della Marvel  hanno dovuto prendere il tram e fare scalo in Viale Romagna presso gli uffici della compianta Editoriale Corno.
Asimov, Dick, Bradbury  tutti arrivati nel bel paese grazie a Urania,  della milanesissima Mondadori, e anche il rude “Conan il barbaro” ha dovuto riporre l’ascia bipenne e bussare alle porte dell’Editrice Nord, all’epoca in via Rubens , per immigrare in Italia .
Senza contare chi dice di vivere a Londra, ma è nato a Milano come il bonelliano Dylan Dog,  per non parlare di Martyn Mystere , Natan Never etc.
E anche gli sbilenchi e improbabili supercriminali di Alan Ford, millantati newyorkesi , hanno  in realtà radici e pedigree in case di ringhiera , in fabbriche di Sesto San Giovanni  degli anni 60.
Primo fra tutti Super Ciuck ispirato al portinaio, “semper ciuck”, di Luciano Secchi, autore appunto di Alan Ford.  Superciuck  spazzino di belle di speranze e maniaco dell’ordine, mentre ramazzava la strada presso una fabbrica di vino , fu  investito da un getto di vino adulterato e  assunse i  “superpoteri” alcolici ( fiatata micidiale, forza  e brio).  Novello crociato dell’ordine,  Superciuck, in maschera cappa, pancera e scarpe da tennis  usa i suoi poteri  per rubare ai poveri, che sporcano, per poi donare la refurtiva ai pulitissimi ricchi. Povero Superciuck ,venisse a Milano oggi forse avrebbe qualche crisi di identità.
Si è vero anche Satanik e Diabolik, nonostante le desinenza in k sono meneghini,  metafore imprenditive di quella voglia di “rubare”, con eleganza e calza maglia, mercati  alle ben più blasonate economie nord europee e statunitensi

Si perché in fondo  il tema del sogno, dell’avventura  non è poi troppo distante da quello del pensare l’impresa,  l’immaginazione da quello del progettare e quindi del fare.  Fellini una volta disse  a Tonino Guerra “ricordati sopra il  pensiero, sopra  di tutto….  c’è l’immaginazione..”